Da tempo lavoro a livello europeo con diversi professionisti che si occupano di privacy. Trovo molto interessante che negli ultimi tempi si sia sviluppato un discorso di un certo tipo sulla gestione dei dati personali. Trovo altrettanto interessante che il fantasma mediatico della intercettazione della propria vita abbia trovato il Web come propria bestia espiatoria: un luogo in cui convogliare le proprie paure per riuscire a trovarsi con qualcosa di negativo, il famoso altro da sé che ti consente di identificare la tua posizione di quello che sta dalla parte giusta.
Riassumiamo: qui non si vuole certo dire che la questione non sia importante, e sono convinto che le grandi aziende debbano comunicare in maniera trasparente e facile da capire come i nostri dati vengono usati. Bisogna essere più bravi a parlare, e la gente si fiderà sicuramente. Lo prendo come un automiglioramento che mi prefiggerò.
Molto spesso i discorsi legati alla privacy escono ovviamente fuori dai binari del ragionamento per entrare in quello della paura ancestrale. Prendiamo Google: ultimamente leggo di preoccupazioni molto forti sul nuovo cattivo che vuole schedarci per studiarci o rivenderci. SIgnori, stiamo scherzando o non siamo molto informati; partendo dalle cose semplici:
- a Google non potrebbe fregare di meno dei nostri dati personali (sesso, reddito, malattie, orientamento sessuale, soldi, famiglia), inoltre questi dati non glieli forniamo
- a Google non interessa minimamente sapere che ci sono 30 giovani maschi ricchi che cercano un telefonino, a Google interessa sapere che oggi ci sono state 30 richieste di un telefono cellulare, per restituirci link sponsorizzati adeguati, per raccogliere in maniera statistico-aggregata questo dato e quindi migliorare i prossimi risultati di ricerca
- a Google non interessa minimamente creare liste di mailing, database o altro da rivendere. Da rivendere a chi? Da rivendere perchè? Google guadagna in altri modi, più utili e intelligenti
- quel minimo di informazioni che l'utente DECIDE di dare a Google, e quello che viene raccolto dall'azienda, è sempre visibile e disponibile per l'utente, e sempre pronto per essere cancellato.
Non basta? Continuiamo:
- Google è stato l'unico motore di ricerca a combattere per la privacy degli utenti contro il dipartimento di Giustizia americano
- Google è l'unica azienda a avere deciso un limite sulla durata di conservazione dei dati degli utenti
- il Vice Presidente della Commissione Europea, la settimana scorsa ha fatto i complimenti a Google per essere l'unica azienda ad averlo fatto
Mi fermo qua, ma ci sarebbe ancora molto. Come per esempio sapere dove finiscono i dati di reddito e altre info sensibili che rilasciamo quando facciamo un preventivo online per una auto, sapere chi ha accesso e a che livello nelle aziende finanziarie ai miei dati, quando accendo un mutuo, sapere come mai quando ti chiamano a casa per offrirti una tariffa telefonica sanno che hai due figli.
Lo capisco bene, trovare un nuovo cattivo fa vendere più giornali e più contratti di consulenza, ma impariamo, tutti, a parlare e ascoltare un po' di più. Altrimenti il 2.0 ce lo siamo giocati a Risiko.
mah...
comunquesia il reddito non è un dato sensibile.
Scritto da: Louisleeping | 15/06/07 a 16:00
Stefano,
hai ragione il discorso e' assai complesso. Ma concederai che la motivazione "A Google non gliene puo' fregare di meno" e' assai deboluccia cosi come molte altre fra quelle contenute in questo post. Google oggi puo' (potrebbe) raccogliere ed incrociare un numero molto alto di informazioni dei navigatori della rete che passano per i suoi server per una ragione o per l'altra: forse nessuna societa' si e' mai trovata in una situazione analoga (per lo meno dopo l'acquisizione di doubleclick). Il fatto che altri dati importanti vengano quotidianamente sparsi in rete dagli utenti non cambia del resto i termini della questione (e nemmeno il fatto che Google non abbia fornito le keyword al governo USA conta troppo, qualcuno potrebbe obiettare senza grandi sforzi che si stava tutelando i propri interessi e la propria reputazione e non quelli degli utenti). Google ha poi limitato a 18 mesi la conservazione dei dati non per sua "decisione" ma poiche' e' stata invitata dalla UE (cosi' almeno dicono le note ufficiali) ed in ogni caso c'e' da chiedersi a cosa servano tutti questi dati per un periodo cosi' lungo. Magari e' una "paura ancestrale", magari no.
saluti
Scritto da: massimo mantellini | 15/06/07 a 21:05
difatti, come sempre, antepongo una autocritica a una visione oggettiva. Sarà compito delle aziende chiarire, in fretta e bene. Ritengo che un primo passo lo si stia facendo. Ma se non avessi posto la questione in questi termini, sarebbe stato un altro post anonimo con considerazioni inutili. Al contrario, i vostri feedback mi sono utilissimi anche per capire dove sta il livello di percezione, quali errori vengono fatti, cosa si può migliorare. Sulla questione americana, abbiamo tutelato gli interessi delle persone, ovviamente perchè la credibilità di un brand, e la cosidetta trustiness, sono tra i valori più alti che si possano difendere. Poi, se uno ci vuole vedere un egoismo industriale, ognuno potrà vederci sempre quello che meglio gli aggrada. Attendo con interesse ogni altro tipo di commento ,grazie per avermi detto la tua.
Scritto da: Stefano Hesse | 15/06/07 a 21:14
da semplice utente io vedo Google come qualcosa di sincero, gente di cui mi fido.
Per quanto riguarda "...non gliene può fregar di meno" ... hum, neanche a me convince molto. Diciamo che nel caso gli possa fregare, lo potrebbe almeno "presumere".
Una critica a te, personalmente: non che sia tardi, però era ora tu scrivessi qualcosa del genere.
Scritto da: fabio | 15/06/07 a 22:14
Forse val la pena circostanziare meglio i dubbi che a noi "utenti normali" un post come questo non fa che rafforzare.
"a Google non potrebbe fregare di meno..." Cosa importa o non importa ad una entità delle proporzioni di Google non solo non lo sappiamo noi ma mi sa che non lo sai nemmeno tu, ed il fatto che tu dici queste cose suona un po' come una excusatio non petita. In ogni caso ha ragione Massimo, non importa quello che a Google "interessa", importa quello che Google anche solo potenzialmente "può fare".
"Da rivendere a chi? Da rivendere perchè? Google guadagna in altri modi, più utili e intelligenti" Sull'intelligenza dei metodi di guadagno di Google si può davvero aprire un intero capitolo. A me sembra che il circuito Adword stimoli stupidità, e questo, forse hai ragione, è un modo molto intelligente di guadagnare, o molto furbo. Io so molto bene a chi possono interessare i dati aggregati di Google e so molto bene anche il perché, il fatto che tu poni queste domande mi sembra offendere il tuo ed il nostro (se ci fosse) acume. Anche qui la questione non è se Google lo fa o meno è se è in grado di farlo. La risposta è sì? allora c'è un problema.
"quel minimo di informazioni che l'utente DECIDE di dare a Google..." Non so bene con che tipo di persone ti relazioni tu quotidianamente. Nessuno, dico nessuno, tra quelli con cui mi relaziono io ha la minima consapevolezza di come funzioni Google. Non hanno la consapevolezza che Google indicizza tutto (pensano che le ricerche siano fatte, attraverso qualche magia, in tempo reale). Non hanno la minima consapevolezza che quelle scritte in alto a sinistra (mail@gmail.com | I miei notebook | Account personale | Esci) siano la porta aperta alla profilazione. Google non profila? diciamo che non ci credo, diciamo che non mi sembra una strategia intelligente.
"è sempre visibile e disponibile per l'utente, e sempre pronto per essere cancellato." Allora dimmi dove sono le cose che mi riguardano e come faccio a cancellarle, a me sembra proprio che non sia come dici.
Sono comunque molto contento che se ne parli, è già qualcosa, anche se notizie come questa http://googleitalia.blogspot.com/2007/06/rainet-ha-scelto-google-search.html mi fanno ancora venire molti brividi.
Scritto da: Miki | 16/06/07 a 10:29
Che ci sia la paura è giusto, è sacrosanto direi. Che Google dia tutte le risposte, a chiunque ne chieda, anche. L'importante è non demonizzare ma guardare i fatti (tutti, i fatti).
Scritto da: ciro pellegrino | 16/06/07 a 16:22
Miki, non esageriamo, cosa ci interessa lo so. Ovviamente sono di parte per cui non potrò mai essere creduto al 100% da chi si pone dei dubbi. Credo che una cosa utile possa essere creare una serie di appuntamenti, magari iniziando con la stampa, su "i 5 luoghi comuni che gli utenti attribuiscono a Google". Ci lavorerò. Altri suggerimenti?
Scritto da: Stefano Hesse | 16/06/07 a 21:35
Ciao Stefano, magari a Google interessano semplicemente quelle informazioni (dati) che gli sono utili per aumentare il suo business.
Che sono sicuramente informazioni diverse da quelli che interessano alla mia azienda.
E ogni azienda, nel suo piccolo, fa lo stesso.
Molto semplice.
Tutto qui ;)
Scritto da: Andrea Andreutti | 22/06/07 a 22:25
esatto, sto cercando di riportare la questione proprio su quei binari, dove il concetto di privacy va riallineato alla vita quotidiana e non infarcito di fantasmi ad hoc.
Scritto da: Stefano Hesse | 24/06/07 a 02:21
Cara Google,
- u are not the unique marketer,angel ;), to earn money in a *smart way, to commercialize user information, to *targetize on private data, to say that u dont do spam, spam web sites, spam search engines: Icq didn't know trojan too.
- we heard about ur top managers thoughts, made to the world, something wrong seems in their mind, they, they, can broke ur place over new web era (that it is not web 2)
- how is it possible that what u state about data retention is true due to the services u are offering? Evidences. Isn't that Google recognize me by my ip or my login information? how u localize me? Is it possible that Google declares to delete information after one year and half because it is able to refresh these information in few seconds after this year and half?:)). Isn't it possible that no other search engines have made same statements about data retention because is a bit hypocrite?
- why the search results for my name are placed in an order that could like only to Google?
cosi' non c'è bisogno di tradurlo o forse si?
Scritto da: par7133 | 24/06/07 a 23:37
Beh che Google non sia l'unica fonte che raccoglie dati sugli utenti penso sia pacifico.
Però un passaggio del tuo post è errato in toto, e non corrisponde a quanto Google ha affermato per lungo tempo.
Precisamente tu scrivi:
"a Google non interessa minimamente creare liste di mailing, database o altro da rivendere. Da rivendere a chi? Da rivendere perchè? Google guadagna in altri modi, più utili e intelligenti"
Soltanto che nella pagina di Google dedicata alla privacy (e cambiata nel tempo) fino a meno di 2 anni fa, c'era letteralmente scritto:
"Google può decidere di divulgare le informazioni personali degli utenti alle società che utilizzano Google a scopo pubblicitario, ai partner commerciali, agli sponsor ed altri."
Questo è il link dove è riscontrabile quanto ho incollato sopra: http://web.archive.org/web/20051229050948/http://www.google.it/intl/it/privacy.html
Il che se ancora so ragionare significa quanto meno che da quando quella pagina e' stata scritta fino a quando la policy è stata modificata Google può aver ceduto diversi dati sui suoi utenti a scopi commerciali.
Concordi, posto che tanto, credo che nè tu nè io avremo mai la certezza di ciò?
Scritto da: Jacopo Gonzales | 25/06/07 a 15:41
Mi sono occupato di privacy in passato per conto di varie aziende.
Privacy è un bruttissimo tema. Basti pensare che la famoda legge 675/96 era stata ideata con l'obiettivo di tutelare i privati dalla pubblica amministrazione, che sono i primi a non rispettare i diritti dei cittadini.
Poi si è spostata l'attenzione sulle aziende, ma queste sono in realtà solo una punta dell'iceberg.
Mia figlia Roberta è nata in ospedale e per un problema non ero riuscito a registrarla anagraficamente (un servizio che molti ospedali garantiscono nei propri locali per evitare di andare in comune).
In sostanza, siamo usciti che mia figlia ancora non esisteva, ufficialmente.
Arrivo a casa e trovo alcuni depliant di pannolini indirizzati alla mia famiglia, col suo nome sopra.
Come facevano a sapere che Roberta era nata?
Credo quindi che sia giusto preoccuparsi della privacy, ma agirei a ben altro livello. Google è solo una delle tante aziende (seppur più potente di molte) ad avere i nostri dati. Di dati, e ben più importanti, ne ha a pacchi lo stato e le difese messe in atto a nostra protezione fanno acqua da tutte le parti.
Scritto da: fradefra | 25/06/07 a 16:22